Il sostegno ai modelli di riferimento evolutivo
Il sostegno ai modelli di riferimento evolutivo
Problematiche neuropsichiche infantili
Roberto C. Russo, Susanna Russo, Silvia Russo
Nei servizi di neuropsichiatria infantile frequentemente risulta difficile agganciare in modo sufficientemente adeguato le figure genitoriali per sensibilizzarle ad iniziare una terapia per il bambino e un supporto genitoriale relativo ai problemi della sfera educativa, cognitivi e relazionali. Spesso assistiamo a precoci abbandoni o ad una disponibilità formale che non riesce ad evolvere verso una più profonda e sentita partecipazione.

Le riflessioni sulle cause di questi insuccessi ci portano ad identificare alcuni fattori particolarmente significativi legati in parte alla modalità di approccio e di impostazione terapeutica, ma probabilmente non sufficienti a comprendere la pluralità delle dinamiche che giostrano nel “sistema bambino-ambiente“.
Per poter meglio avvicinarci a questo complesso sistema e accedere ad una chiave di lettura corretta, appare opportuno analizzare i fattori ambientali che entrano in gioco nel processo evolutivo del bambino, utili anche nel lavoro con i genitori
Il bambino nel processo evolutivo struttura la propria personalità in una continua interazione con i modelli parentali e sociali; lo sviluppo dei suoi comportamenti dipendono da un processo specie-specifico e da un habitus costituzionale biologico che interagisce dinamicamente con i condizionamenti ambientali in un continuo plasmarsi nelle varie fasi evolutive a seconda del tipo di esperienze vissute.
I modelli parentali, sostenuti a loro volta da un processo genetico specie-specifico e da un buon senso di realtà, si rapportano, a seconda dell’età del bambino e delle sue capacità, semplificando il linguaggio, stimolando le acquisizioni, adattando le regole, rinforzando i risultati e permettendo una autonomia proporzionale alle capacità acquisite. Conquistata e consolidata la propria identità, separata dall’altro, il bambino, procedendo nell’evoluzione, deve confrontarsi anche con i coetanei e con i modelli sociali (educatrici, insegnanti, altri adulti..); affronta in tal modo un primo vivere sociale esterno al proprio nucleo familiare: nuove regole, adattamento alla vita di gruppo, emergere delle figure leader, competitività, parziale rinuncia al proprio egocentrismo. I modelli sociali si affiancano a quelli parentali, ne allargano gli obiettivi, arricchiscono la complessità dei rapporti e stimolano il bambino a espandersi sempre più verso nuovi orizzonti.
Si assiste ad un continuo divenire di nuovi adattamenti tra la spinta biologica evolutiva del bambino e gli stimoli e le richieste ambientali in rapporto alle diverse esperienze e situazioni, sia nell’ambito familiare che sociale. Per un sano processo di sviluppo il bambino deve confrontarsi con i modelli parentali e sociali adeguati e non contrastanti tra loro, diversamente questo porterebbe che porterebbero ad aumentare le incertezze e la confusione rispetto agli obiettivi da perseguire, con la probabilità di determinare l’instaurarsi di problematiche relazionali.
Nella nostra società, con culture diverse e in continuo cambiamento, la presenza di modelli sociali non sempre comprensibili, a volte contradditori, possono disorientare il bambino e la sua famiglia.
Nella struttura familiare spesso avvengono sostanziali modifiche in rapporto all’attività lavorativa dei genitori, alle deleghe educative parziali o totali, stabili o instabili, alle separazioni dei genitori, alla formazione di nuovi nuclei familiari. In tali situazioni il bambino deve affrontare, sia nell’ambito familiare che sociale, un complesso e mutevole articolarsi di rapporti affettivi ed educativi, che incideranno sulla sua vita affettiva in divenire, sulla strutturazione della personalità e sul processo di autonomia.
Anche il bambino e l’adolescente vissuti in un sano contesto familiare dovranno affrontare un difficile processo d’integrazione tra i propri modelli primari e i nuovi modelli sociali.
Se in situazioni di normalità il bambino deve affrontare complessi processi adattativi, in situazioni patologiche l’interazione dei modelli diventa decisamente problematica. In tali casi il comportamento specie-specifico e i modelli parentali e socio-educativi riescono a fatica ad adattarsi alle necessità evolutive del bambino, molto spesso risultano inadeguati ed altre volte potenziano addirittura il disturbo. Si può osservare da parte del mondo adulto un’accettazione passiva della patologia, una richiesta di autonomia precoce o viceversa un’assenza di richiesta di autonomia, una adesione a modelli parentali e sociali contrastanti.
Risulta pertanto indispensabile sostenere e indirizzare con una competenza specifica i modelli di riferimento educativo nei casi di patologie neuropsichiche infantili sia a genesi organica che relazionale.
Questa necessità è universalmente riconosciuta e numerosissima è la letteratura in merito alle diverse teorie e metodologie d’intervento a sostegno della famiglia e delle istituzioni. Le impostazioni psicoanalitiche, psicodinamiche, sistemiche, comportamentali, etologiche e sociali hanno dato un importante e indispensabile contributo diagnostico e terapeutico che hanno permesso di comprendere determinati aspetti delle problematiche evolutive quali: l’importanza dell’attaccamento nella prima fase di vita, l’interazione con i modelli genitoriali, il significato delle pulsioni biologiche primitive, il bambino sintomo di una organizzazione familiare, l’influsso diretto e indiretto di organizzazioni e condizionamenti sociali. Ciascuna di queste impostazioni ha fornito una diversa modalità di lettura e proposta terapeutica sempre più completa e raffinata, anche se a volte orientata solo secondo la propria lettura.
L’integrazione tra le diverse ottiche interpretative può invece fornire un osservatorio più allargato, attraverso il quale considerare le singole situazioni in modo da accedere a valutazioni più complete, ma soprattutto per individuare un progetto d’intervento adeguato alla problematica e alle potenzialità adattative dei genitori.
I fattori che entrano in gioco nel processo evolutivo sono numerosi, variamente associati, diversi a seconda del punto di vista dell’osservatore. Si assiste spesso ad una conflittualità tra la variabilità di risposte del bambino e la rigidità dei modelli, oppure alla variabilità dei modelli a fronte di una fissità di risposte del bambino. Frequente è l’alternarsi di due posizioni nelle diverse fasi di sviluppo, per l’intervento di nuove esperienze o per l’innesto di nuovi modelli esterni al nucleo familiare o per modifiche delle situazioni strutturali familiari o sociali.
In alcuni casi o nel susseguirsi delle diverse fasi evolutive, si verifica, nel complesso sistema bambino-ambiente, una fissità ed invariabilità che porta ad un perseverare della relazione distorta con la conseguenza di un marcato rallentamento o di uno stop evolutivo. L’articolarsi di queste variabili determina la difficoltà di comprensione delle dinamiche che spesso giocano un ruolo perverso, tale da rendere difficile l’individuazione dei punti di aggancio terapeutico per il bambino e di supporto per le figure educative.
Da quanto esposto si evidenzia la necessità di usufruire di una pluralità di conoscenze e di fattori da valutare per attuare un modello d’intervento idoneo per l’aiuto alle figure di riferimento evolutivo. I dati obiettivi e le conoscenze delle ricerche neurofisiologiche, neuropsicologiche, psicodinamiche, psicoanalitiche, sistemiche, comportamentali, etologiche e sociali apporteranno ognuno il loro contributo, non chiuse nelle loro impostazioni, ma integrate tra loro al fine di costituire un nuovo modello d’intervento bio-psico-sociale plasmabile ed adattabile alle diverse situazioni in rapporto alle potenzialità di risposte individuali e ambientali.
Bisognerà quindi valutare:
- le correlazioni tra la tipologia biologica del bambino, i suoi orientamenti evolutivi e il valore d’incisività delle figure di riferimento;
- le correlazioni tra gli eventi individuali, familiari e sociali nel percorso evolutivo e le eventuali modifiche comportamentali del bambino nell’ambito familiare e sociale;
- le correlazioni tra il percorso evolutivo del bambino nel setting terapeutico e il suo comportamento nell’ambito familiare e sociale;
- le correlazioni tra la progettualità potenziale del supporto fornito alla famiglia e la reale capacità di partecipazione adattativa delle figure di riferimento.
- le potenzialità d’integrazione e armonizzazione tra l’orientamento dei modelli familiari e quello dei modelli sociali.
Proposte per il supporto alle figure di riferimento evolutivo
Possiamo identificare quattro punti essenziali:
- A chi dare il supporto
- Quando dare il supporto
- Come dare il supporto
- Adattabilità del supporto
1. A chi dare il supporto
Nell’ambito familiare il supporto dovrebbe essere sicuramente dato ai genitori e a quelle figure parentali che incidono maggiormente come modelli evolutivi.
Sarà fondamentale per scelte, conoscere tutto il nucleo familiare ed eventuali altre persone di riferimento per il bambino (esempio: baby sitter).
Se il bambino frequenta la scuola e sono presenti disturbi del comportamento, in accordo con i genitori, bisognerà prendere in considerazione l’opportunità di una collaborazione con le insegnanti.
Nel caso di indisponibilità delle figure di riferimento ad accettare un sostegno, si potrà ripiegare verso figure sostitutive con le quali il bambino abbia instaurato una buona relazione.
La scelta di tali persone deve essere fatta non solo considerando la disponibilità a ricevere un aiuto, porre il problema non solo della disponibilità personale a ricevere l’aiuto, ma anche verificando la reale fattibilità del sostegno, che potrebbe essere limitata da orari lavorativi o da altri fattori.
Per contro altre persone sostitutive (nonni, baby sitter), pur nella loro disponibilità, potrebbero non essere accettate dal bambino oppure essere accettate ma non essere sufficientemente incisive come modelli di riferimento.
Nei casi in cui vi sia una delega parziale e giornaliera da parte dei genitori ai nonni e vi sia una conflittualità tra le due generazioni, potrà evidenziarsi la necessità di supporti separati ed eventuali incontri comuni per definire un accordo su alcuni fondamentali obiettivi.
2. Quando dare il supporto
L’inizio del supporto alle figure di riferimento dovrà essere opportunamente preparato tramite colloqui atti ad approfondire le conoscenze sulle caratteristiche personali dei componenti il nucleo familiare, sulle relative dinamiche interpersonali, sul tipo di vissuto relativo alla patologia del bambino, sulla disponibilità dei medesimi a ricevere un aiuto.
In alcuni casi l’intervento potrà essere iniziato dopo un periodo di sensibilizzazione per acquisire una stabilità nel rapporto e una fiducia tra la famiglia e il professionista. Sarà opportuno dare la priorità a quella figura che si renderà effettivamente disponibile e successivamente allargare l’intervento anche ad altre persone.
Nei casi in cui si rendano necessari colloqui con le figure scolastiche, il supporto andrà fornito più precocemente possibile per istituire una collaborazione effettiva ed efficace.
La frequenza dei colloqui di supporto, sia per le figure parentali che per quelle sociali, verrà calibrata e adattata a seconda delle esigenze, nel rispetto degli obiettivi terapeutici.
3. Come dare il supporto
Questo punto è sicuramente tra i più complessi, in quanto le diverse tipologie personali dei modelli educativi, l’interazione delle figure parentali e sociali, la variabilità delle situazioni, il manifestarsi di nuovi eventi, le modifiche comportamentali del bambino, creano un intrecciarsi di dinamiche che possono ulteriormente complicarsi per una conflittualità tra i genitori. Il disinteresse di un genitore, le ingerenze di altre figure parentali, i contrasti tra i modelli familiari e quelli sociali, determinando quel quadro poliedrico in cui l’orientamento del supporto dovrà essere attentamente valutato.
Alcuni punti appaiono essere particolarmente importanti:
- L’accettazione e il contenimento del disagio e della sofferenza delle figure genitoriali.
- Il supporto psicologico alla coppia genitoriale, eventualmente differenziato per ciascun individuo a seconda del bisogno.
- La necessità di fornire consigli e consegne atte a superare le difficoltà di rapporti e la possibilità di fornire stimoli che possano una progressione cognitiva e sociale.
- L’aiuto a riorganizzare la vita del nucleo famigliare per limitare le dinamiche disturbanti e favorire un miglioramento dei rapporti dove necessario.
- La variabilità degli obiettivi del supporto in rapporto alla progressione terapeutica del bambino.
- L’obiettivo d’integrazione e di armonizzazione tra i modelli parentali e sociali.
Sensibilizzare i genitori rispetto alla necessità di un sostegno, fornire la disponibilità ad accogliere il disagio dell’adulto saranno elementi che costituiranno il cardine della relazione.
Nelle gravi patologie organiche i genitori devono confrontarsi con la realtà della situazione legata alla malattia, a volte comunicata in modo sbrigativo e tecnico, deludente rispetto alle aspettative del genitore.
Il mancato accoglimento della sofferenza e dell’angoscia di un futuro non definito per il proprio bambino o non definibile, frequentemente induce alla ricerca di altri specialisti nella speranza di ottenere rassicurazioni, avere una prospettiva di guarigione o di miglioramento
Nelle forme a genesi relazionale o nelle problematiche relazionali innestate su patologie organiche, il problema dell’accettazione della malattia diventa ancora più complesso, in quanto i genitori consegnano al medico o allo psicologo il bambino problematico richiedendone la cura e spesso negandosi come elementi che sono coinvolti nelle dinamiche relazionali, delegando in toto il problema al servizio sanitario.
In questi casi sarà importante accogliere la consegna del bambino problematico, rendersi disponibili ad ascoltare le loro preoccupazioni e progressivamente motivarli ed aiutarli ad intraprendere un nuovo percorso. L’evidenziazione precoce delle dinamiche che hanno determinato e che mantengono una relazione inadeguata, provocherebbe con facilità l’abbandono della consultazione.
Nel caso si venga a conoscenza di altre consultazioni effettuate dai genitori con altri servizi o specialisti si dovrà valutare l’effetto di questi agiti sulla sostanza e validità del rapporto di supporto.
Diversa è la situazione se le figure parentali si richiedono un’altra consultazione perché non si è creato un rapporto di fiducia e collaborazione.
Nel supporto alla coppia genitoriale particolare attenzione andrà posta alle caratteristiche psicologiche dei due componenti, per impostare un rapporto di aiuto adeguato e individualizzato. Interventi di rassicurazione, di stimolo e di rinforzo, saranno messi in atto a seconda del bisogno e diversificati a seconda delle persone.
Nelle dinamiche di coppia sarà necessario porsi al disopra delle parti, evitando alleanze e cercando di mediare gli eventuali conflitti. In alcuni casi possono essere utili alcuni colloqui col singolo genitore per permettere verbalizzazioni relative al proprio vissuto.
Anche colloqui con altre figure, parentali e non, rappresentanti modelli evolutivi stabili o saltuari, saranno da valutare e perseguire a seconda delle necessità.
Nel contempo sarà indispensabile non trascurare le reali potenzialità del bambino, il rapporto che i genitori instaurano con lui; le difficoltà dei genitori ad orientarsi su cosa fare per il loro bambino, costituiscono elemento sempre presente e motivo di richieste e chiarimenti.
4. Adattabilità del supporto
É indispensabile che il bambino, pur nei suoi limiti, proceda nell’evoluzione, pertanto le figure di riferimento dovranno essere aiutate a favorire lo sviluppo del figlio tramite consegne e consigli che verranno oculatamente distribuite sia in rapporto alla progressione terapeutica del bambino, sia in rapporto alle capacità dei modelli di recepire e di favorire nuove acquisizioni e nuovi percorsi.
Durante il processo terapeutico le modifiche comportamentali del bambino indurranno nell’ambiente familiare e sociale risposte a volte adeguate ed a volte in contrapposizione; inoltre eventi esterni e/o interni al nucleo familiare potranno modificare l’assetto strutturale e le relazioni del nucleo.
Tali modifiche imporranno la revisione e l’adattamento degli obiettivi del sostegno per
adeguarsi alla nuova situazione. L’operatore dovrà tempestivamente sensibilizzarsi, armonizzandosi con plasticità alle nuove esigenze sia interne che esterne al nucleo familiare.
Oltre alle figure parentali, dovranno essere prese in considerazione per un aiuto-collaborazione anche quelle, non certo meno importanti, dell’ambito sociale (educatori, insegnanti) con funzione non solo legata all’apprendimento, ma anche legata a favorire le autonomie l’integrazione al sociale.
Non di rado si assiste ad atteggiamenti di contrasto tra scuola e famiglia; tale conflittualità provoca un rinforzo delle manifestazioni disturbanti del bambino e in alcuni casi un gioco perverso di dinamiche con reciproca accusa sulle responsabilità.
In tali situazioni l’intervento più vantaggioso può essere rappresentato da prudente e parziale duplice alleanza, separatamente gestita con la famiglia e la scuola, necessaria a non irrigidire le reciproche posizioni e, nel contempo, a valutare i valori positivi delle due controparti, aiutandole a indirizzarsi verso un comune obiettivo.
Regolamentazioni e limiti del sostegno
Si ritiene fondamentale che ogni supporto venga orientato e definito con obiettivi, modalità di conduzione e rapporti con altre figure coinvolte.
In particolare:
- specificare che i colloqui avranno come obiettivo principale la reciproca collaborazione per fornire il migliore intervento al bambino;
- chiarire che il punto di riferimento per qualsiasi comunicazione o richiesta da parte della famiglia in merito alla terapia del bambino o agli eventi esterni sarà rappresentato dal conduttore del supporto (normalmente identificabile nella figura professionale responsabile del caso);
- stabilire la frequenza dei colloqui, che potrà essere variata con accordo tra le parti a seconda delle necessità emergenti.
Un momento particolarmente importante e delicato sarà la definizione del rapporto con il terapeuta o terapista del bambino, dato che normalmente la maggior parte dei genitori vorrebbero avere informazioni dirette sullo sviluppo delle sedute.
Personalmente ritengo che questi improvvisati e non regolamentati colloqui col terapeuta possano essere confusivi e fuorvianti.
I genitori tendono a interpretare ciò che viene loro comunicato, ad esigere spiegazioni sulla progressione terapeutica, a riportare problemi di vita quotidiana sollecitandone la risoluzione, immediata, pertanto, richiedendo di fatto un sostegno anche al terapeuta.
Questo potrebbe portare ad utilizzare in modo fuorviante le informazioni che potrebbero ricevere dai diversi operatori ed utilizzarle in lodo controproducente o essere usate per valutare le capacità e l’accordo tra i componenti del servizio.
Nell’attivare un sostegno si devono anche prendere in considerazione alcune limitazioni, sia nel fornire il supporto alle figure parentali, sia nella sua prosecuzione;
esse sono:
- reale e amovibile disinteresse agli incontri, nonostante prolungati tentativi di sensibilizzazione;
- frequenza eccessivamente saltuaria degli incontri, tale da vanificare gli obiettivi preposti;
- gravi patologie psichiatriche tali da non permettere un pur minimo rapporto di collaborazione e di aiuto;
- falsi, improduttivi e immodificabili atteggiamenti di condivisione degli obiettivi per compiacere o per mascherare un reale rifiuto.
Considerazioni conclusive
Da quanto esposto si può comprender che l’operatore che fornisce il sostegno alle figure di riferimento evolutivo deve possedere una formazione complessa relativa alle diverse tipologie della personalità e dei relativi comportamenti, alle dinamiche di coppia, alle conoscenze pedagogiche e psicopedagogiche, alla buona conoscenza dell’evoluzione del bambino nella sua pluralità espressiva, alle diverse patologie neuropsichiche infantili, alle teorie e basi psicoterapeutiche. Tutte queste competenze sono di difficile riscontro in un’unica persona, pertanto risulta spesso necessario un confronto periodico professionale esterno.
Riguardo all’intervento di supporto e a quello della terapia al bambino è essenziale che i due operatori siano individuati in due figure diverse con specifica formazione in rapporto al tipo d’intervento e tali da non entrare in conflitto tra loro nei confronti dei genitori o insegnanti. Il setting terapeutico del bambino deve essere mantenuto nella sua individualità e necessità espressiva e nel rispetto del rapporto terapeuta-bambino privo di invasioni esterne. I due operatori avranno necessità di incontrarsi periodicamente per mantenere obiettivi comuni raccordati alla realtà esterna. Il professionista del supporto ai modelli educativi e alla collaborazione con le figure sociali sia uno psicologo o neuropsichiatra infantile o un medico formato per tale funzione.
Questo tipo d’impostazione che coinvolgere tutti gli ambiti di vita del bambino è sicuramente quella che permette di ottenete una evoluzione più adeguata alle potenzialità del bambino e a quelle dell’ambiente; impostazione che dovrebbe far parte della cultura di tutti gli operatori dell’infanzia per evitare che il bambino diventi solo un sintomo di un problema in realtà più vasto e complesso.
Nei primi anni di vita e non solo, frequenti disturbi evolutivi possono essere affrontati con ottimi risultati solo con il sostegno alle figure di riferimento evolutivo, con cadenza mensile e senza intervento diretto con il bambino. Frequentemente, se effettuato in tempi utili e con genitori disponibili, il sostegno parentale permette la realizzazione di importanti miglioramenti. Infatti è nel nucleo familiare che il bambino sperimenta le esperienze più significative per la struttura della personalità.
Nei disturbi relazionali che nella nostra società raggiungono percentuali sempre più alte2 e che determinano più facilmente la strutturazione successiva di personalità patologiche (come dalle ricerche di numerosi autori tra i quali: Bagliolo, Boggi, Bowlby, Caprara, Cramer, Cusinato, Di Cagno, Duse, Fava Viziello, Fazzi, Fonzi, Greenspan, Levi, Lebovici, Palacio Espasa, Rebecca, Russo, Spiegel, Stern, Tessarolo, Tribulato, Zampino e tanti altri) l’intervento precoce di sostegno alle figure di riferimento evolutivo dovrebbe essere la scelta prioritaria. Spesso accade che i caregivers consegnino il bambino al terapeuta con aspettativa magica di guarigione. Il bambino fa parte di un sistema che se non si modifica non permette una valida evoluzione del bambino.
Troppo spesso si pensa subito alla terapia individuale, all’insegnante di sostegno, all’educatore personalizzato, al DSA e poco alle cause o con-cause che hanno determinato o potenziato il disturbo. Il nucleo famigliare che è il luogo dove nasce e si struttura la problematica, quasi sempre viene non considerato come luogo dove è possibile e necessario fornire un intervento.
Nelle patologie che richiedono di fatto un intervento individuale con il bambino, a maggior ragione dovrebbe essere sempre associato il sostegno alle figure genitori e intrapresa la collaborazione con le figure scolastiche.
Purtroppo nella nostra società gli interventi per la prevenzione di disturbi relazionali non vengono sufficientemente presi in considerazione. La corretta educazione sociale nel rispetto della comunità e del singolo, il rispetto delle regole, la collaborazione, la partecipazione attiva nell’impegno familiare e sociale è sottovaluta (Tribulato).
Gli studi e le metodologie sostenute da numerosi ricercatori rendono doveroso un nuovo investimento nella cura del bambino affetto da problematiche neuropsicologiche, con progettualità che colmino l’assenza o la sporadicità di interventi sulla famiglia e sulla società. È auspicabile che vengano attivati dei programmi almeno decennali per favorire nella società un rispetto della persona, della salute psichica e delle regole sociali nelle quali la persona vive e sii confronta.
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In questo capitolo vengono esaminati i significati delle acquisizioni per capirne l’importanza biologica e le correlazioni che potranno avere nelle fasi evolutive successive; in particolare sarà importante conoscere le dinamiche di potenziale genesi dei disturbi.
Nella evoluzione normale le competenze che assumono un valore biologico di base, caratteristico per la razza umana, vengono acquisite nei primi tre anni, in seguito le competenze procederanno, ma sempre sui valori biologici già acquisiti. Fanno parte di questi valori biologici fondamentali: l’attaccamento, l’esplorazione del corpo, la scoperta degli oggetti, il possesso, l’imitazione, la comunicazione, la differenziazione tra il noto e il non noto, la sperimentazione, l’approccio alle piccole dimensioni, l’affermazione del sé, l’onnipotenza, l’oggetto transizionale, il linguaggio, il gioco simbolico, la progettazione, la lateralizzazione, l’inizio dell’autocontrollo e della pulizia, l’interesse per il coetaneo e i primi approcci di socializzazione.
In neuropsichiatria infantile l’approccio diagnostico è basato su una serie di sintomi riconosciuti validi per l’identificazione di una patologia (DSM5, ICD 10, classificazione 0-3) e su questa base viene proposto il tipo d’intervento.
L’impostazione del libro è quella di iniziare dalla storia del bambino per conoscere le dinamiche delle fasi evolutive più significative contrassegnate dalle acquisizioni delle nuove competenze. La sintomatologia è la motivazione che porta alla segnalazione, pur rappresentando l’essenza del problema, non sarà il punto di partenza, ma quello di arrivo.
Vengono considerati primari gli obiettivi delle dinamiche nell’interrelazione tra le conquiste del bambino e i modelli evolutivi. Senza discontinuità nel percorso evolutivo ogni nuova o già sperimentata esperienza si plasma e si modifica su quelle precedenti in una unità rappresentativa del Sé nelle sue modalità espressive e nei suoi vissuti.
Non è intenzione trattare lo sviluppo psicomotorio, ma quello di conoscere il vissuto del bambino nella relazione e di ricostruire il suo percorso evolutivo e le relative dinamiche frutto di problematiche e di disturbi. Il libro affronta i disturbi e le patologie relazionali. Per le sindromi si indirizza il lettore
ad altri test.
Learn MoreEvoluzione del lancio e afferramento della palla
Tratto in parte da R.C. Russo. Evoluzione e disturbi del movimento. Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 2003
La valutazione delle capacità organizzative motorie deve tenere in considerazione:
- la disponibilità del bambino e il suo stato di benessere (inteso come star bene in quella situazione),
- il livello di carica emozionale (una condizione di ipereccitabilità o di depressione altera la resa),
- l’età e le motivazioni del bambino.
Per ottenere questa condizione ottimale è necessario permettere al bambino di sentirsi a suo agio concedendogli un certo tempo per prendere confidenza con l’ambiente e con l’osservatore. Normalmente è rassicurante la presenza dei genitori o di una figura nota con la quale il bambino è in buoni rapporti.
La valutazione delle attività va fatta su una serie e non su un solo atto. Inoltre, per conoscere il livello di sviluppo, verrà dato valore all’atto migliore, pur non sottovalutando la resa di tutti gli altri. In questo capitolo presenterò alcune attività specifiche che tutti i bambini effettuano, spesso quotidianamente che, se valutate nel rispetto di alcuni parametri, ci informeranno sul reale livello evolutivo di quell’attività o sulle eventuali atipie e specifici disturbi esecutivi.
Viene affrontata e analizzata l’evoluzione relativa ad alcune attività, riservando al capitolo successivo l’analisi dei disturbi del movimento.
Ritengo necessario sottolineare che viene spesso a mancare nella pratica clinica e anche nella letteratura, nei limiti della mia conoscenza, la specifica valutazione delle attività che il bambino usa di frequente nel gioco motorio con i coetanei o con l’adulto; mi riferisco in particolare ai diversi giochi con la palla che sono tanto amati dai bambini e non solo.
Lancio della palla con una mano
Il bambino sperimenta i suoi primi lanci verso l’ottavo mese provando molto piacere nell’esercitarsi ripetutamente.
Lo schema iniziale è costituito esclusivamente dalla flessione dell’avambraccio sul braccio che si presenta addotto (primo schema del lancio), realizzando un lancio modesto di 1-2 metri. Nell’arco di pochi mesi, probabilmente non accontentandosi del risultato, il bambino flette il braccio circa a 90° (secondo schema del lancio), attuando una postura di partenza atta a realizzare un lancio più distante. Verso la fine del secondo anno il braccio si flette a 130°- 150° per aumentare la gettata e quando il braccio raggiunge circa 150 – 180°, il tronco tende ad estendersi (in tal caso l’estensione del tronco è diretta conseguenza dell’eccesso di flessione del braccio, pertanto non si può considerare un sinergismo d’utilità). In questa ultima postura preparatoria può intervenire una parziale rotazione del tronco che durante il lancio subirà una derotazione con effetto di potenziamento del lancio (terzo schema del lancio), realizzando il primo sinergismo d’utilità.
Nelle fasi successive, di norma nel corso del terzo-quarto anno, intervengono altri sinergismi d’utilità: avanzamento del piede contro-laterale al lancio (il piano sagittale corporeo si situa perpendicolare alla direzione del lancio), l’arto superiore controlaterale al lancio si flette e si adduce a livello della spalla (proiezione anteriore dell’arto circa a 90° rispetto l’asse corporeo); questa è la fase preparatoria al lancio che presenta tre adattamenti sinergici. Nella fase esecutiva l’arto inferiore posteriore (rispetto alla postura preparatoria) si porta al livello dell’arto anteriore o lo supera; l’arto superiore controlaterale viene proiettato posteriormente, potenziando l’energia cinetica del lancio (quarto schema del lancio) o schema maturo che richiede l’integrazione di diversi sinergismi d’utilità con il meccanismo del lancio.
Questo tipo di lancio può essere chiamato lancio dall’alto con una mano.
Anche se è stato conquistato il quarto schema il lancio può ancora presentare delle imperfezioni da difficoltà di un armonico adattamento delle integrazioni e dei processi inibitori. All’età di 5-6 anni è di facile riscontro evidenziare alla fine del lancio un eccesso di flessione del tronco o una difficoltà a compensare la forza cinetica con improvvisi adattamenti antigravitari. Negli individui che hanno fatto molte esperienze, di norma acquisiscono nel lancio una buona armonia dopo i 6-7 anni.
Per potere indagare le caratteristiche di un lancio integrato è essenziale che sia stimolata, tramite modello, l’intenzione di realizzarlo con la massima forza e con una piccola rincorsa, che ci permetterà di valutare gli adattamenti posturo-gravitazionali alla fine del lancio.
Un’altra modalità di lancio della palla con una mano, che compare cronologicamente dopo quella sopra descritta, è quella realizzata con partenza ad arto esteso lungo il tronco, seguita da rapida flessione dell’arto (la flessione è a livello dell’articolazione della spalla); la palla tende ad essere proiettata verso l’alto, con scarsa precisione per l’eventuale obiettivo (lancio dal basso con una mano). Questo tipo di schema risulta più semplice del precedente, ma i primi lanci che compaiono verso l’ottavo mese vengono realizzati dal bambino dalla posizione seduta, pertanto è possibile solo il lancio dall’alto. Nel corso del secondo anno, in posizione eretta, compare anche il lancio dal basso. Il lancio dal basso tende ad essere privilegiato dal sesso femminile nei primi anni, per poi equipararsi ai maschi nell’età di latenza. Il lancio dall’alto fornisce maggiori dati organizzativi rispetto al lancio dal basso.
Afferramento di una palla con due mani
Nel testare questa attività viene usata una palla di sufficiente grandezza, 15-20 centimetri, con la richiesta di prenderla con due mani.
I primi tentativi di afferramento si possono notare verso i 2-3 anni con gli avambracci semiflessi, supinati, le mani tra loro a contatto e con le palme rivolte verso l’alto, le braccia addotte e adese al tronco (primo schema di afferramento o afferramento a canestro). A questa età il bambino aspetta che la palla cada sui suoi arti per poi tentare la chiusura degli avambracci contro il proprio petto, azione che interviene spesso con una certa latenza e spesso con risultato negativo. Anche Galluhe (1982) ritiene la comparsa di questo stadio alla stessa età.
I primi risultati positivi con questa modalità di afferramento si vedono verso i 3-4 anni, quando il bambino riesce ad adattare il comando esecutivo al momento d’arrivo della palla.
Verso i 4-5 anni la postura di attesa è similare, ma le braccia sono adese alla linea ascellare o lievemente flesse, gli avambracci sono in una posizione intermedia tra la pronazione e la supinazione in modo tale che le palme delle mani si guardano e sono ad una certa distanza tra loro (secondo schema di afferramento). Questa postura prepara la presa della palla con le mani e non più con la chiusura a canestro. Con tale modalità è possibile l’intervento attivo di adattamento del movimento al tragitto della palla, permesso dal processo d’integrazione con il feed-back visivo. Anche Galluhe concorda con il periodo di comparsa di questo livello evolutivo.
Negli anni successivi, 6-7 anni, il bambino attende la palla senza una postura preparatoria ed esegue il movimento di afferramento in tempo utile all’arrivo della palla (terzo schema di afferramento). Ora è anche possibile osservare lo spostamento somatico quando la palla percorre traiettorie non favorevoli.
In questa attività ho riscontrato minime differenze nei due sessi, con una resa lievemente migliore nei maschi che si risolve dopo i 6-7 anni. Isaac (1980) ha riscontrato una discreta differenza nei due sessi a favore dei maschi con uguaglianza dei risultati verso gli 11 anni.
Nei bambini inferiori ai 6 anni sono frequenti atteggiamenti di ipertoni diffusi all’asse corporeo, a volte tendenza a flettere in eccesso il tronco durante la presa, in qualche caso anche la perdita dell’equilibrio che viene compensata con un passo in avanti.
Lancio della palla con due mani
Possono essere studiate due modalità di lancio a due mani della palla del diametro di circa 15-20 centimetri. Il primo lancio con partenza degli arti superiori estesi lungo il tronco, la palla tenuta tra le mani all’altezza delle ginocchia e il tronco leggermente flesso; il lancio viene effettuato con una rapida flessione degli arti (la flessione è a livello dell’artico-lazione della spalla) a cui spesso nelle prime fasi dell’apprendimento si associa una estensione del rachide (lancio dal basso a due mani).
Questo tipo di lancio tende a proiettare la palla verso l’alto (almeno nelle prime fasi di apprendimento), pertanto risulta meno preciso, ma anche più semplice da realizzare. I primi lanci di questo tipo compaiono nel corso del secondo anno.
Il secondo tipo di lancio più evoluto viene preparato portando gli arti superiori al di sopra del capo, segue una rapida proiezione degli arti in avanti (lancio dall’alto a due mani) a cui spesso, nelle prime fasi di apprendimento, si associa una flessione del rachide che può determinare scompensi gravitari che richiedono un adattamento. La flessione del rachide può essere determinata da due fattori spesso copresenti: la proiezione degli arti estesi oltre la nuca facilita una spontanea estensione del rachide che richiederà il passaggio in flessione; la volontà di lanciare con forza innescherà il rinforzo flessorio del rachide.
Nelle prime fasi di apprendimento il lancio viene fatto con la posizione di partenza a piedi uniti (lancio a due mani dall’alto, primo schema) ed è frequente assistere a un piccolo salto che accompagna il lancio. Questa modalità si riscontra facilmente se il bambino, per imprimere maggiore caricamento, porta la palla dietro la nuca.
Proseguendo le esperienze, verso il 3°- 4° anno, il bambino si prepara al lancio con un piede davanti all’altro, posizione che permette ugualmente l’estensione del rachide, ma che compensa in buona parte la possibilità di un eccesso di flessione del rachide nell’esecuzione, in quanto il piede posteriore tende a limitare la flessione del tronco e a frenare l’energia cinetica (lancio a due mani dall’alto, secondo schema). Tale modalità corrisponde al lancio maturo. Il lancio dall’alto apporta maggiori informazioni sull’organizzazione evolutiva.

Società e cultura
Società e cultura
Roberto Carlo Russo

Lo studio degli usi, costumi, regole e modalità di vita delle diverse società e della loro storia, ha apportato importanti informazioni sulla frequente contrapposizione tra la naturale spinta evolutiva del bambino e le richieste dell’adulto ad un adattamento comportamentale spesso previsto per fini troppo in antitesi alle esigenze evolutive del bambino.
Ogni società ha la sua cultura, cioè il complesso assieme di tradizioni, usanze, costumi, conoscenze, credenze, regole e tipo di morale che contraddistinguono una società dall’altra. Questi diversi fattori, assunti dagli individui di quel gruppo sociale, hanno una loro base esistenziale, in parte acquisita nei tempi per necessità di sopravvivenza, per un migliore adattamento, per richieste religiose, per un più efficiente strumento di potere e in parte dettati e tramandati di generazione in generazione per motivi di cui si sono perse le tracce nel tempo.
Le numerose ricerche antropologiche sulle società tribali hanno evidenziato caratteristiche culturali molto variabili, a volte anche con valori sociali e morali completamente opposti nei diversi ceppi. Anche in molte società, progredite in senso tecnologico e culturale, si possono riscontrare valori sociali e morali, credenze e usanze prive di fondamenti reali, intesi in senso biologico e di rispetto nei confronti dei diritti della persona. Si riscontra spesso l’importanza del maschio come primogenito, la sottomissione della donna, le superstizioni, situazioni che possono determinare effetti dannosi, il valore assoluto dell’intelligenza e della supremazia nei maschi in diversi paesi, la variabilità della gestualità e dei relativi significati a seconda delle culture, il comportamento e il significato di sottomissione diverso a seconda del referente, i segnali di prestigio sociale differenti secondo a chi sono indirizzati, le notevoli variabili nei tabù sessuali, le diverse religioni precettano regole che spesso contrastano con i diritti biologici e il rispetto dell’eguaglianza tra gli individui.
Ogni società crea la propria cultura che regola il comportamento sociale; l’individuo, osservando le regole, si sente consono ai principi sociali, ne assume il valore nell’educazione della prole. La cultura della società è retaggio di antiche usanze, ma è anche frutto di indispensabili modifiche sostenute da reali necessità adattative o da spinte evolutive delle nuove generazioni.
È molto difficile affermare quale sia la cultura più idonea per quella data società, nel rispetto del sesso, delle età e dell’ambiente di vita, ma sicuramente sono identificabili alcune usanze, controlli e
poteri che non rispettano la persona nelle sue caratteristiche e potenzialità. Tenendo in considerazione questa molteplicità di fattori risulta più accessibile la comprensione di determinati atteggiamenti del bambino che apparirebbero altrimenti avulsi dalla realtà e inaccettabili come fenomeni consequenziali; solo collocandoli nell’ambiente in cui vive il bambino è possibile comprenderne l’origine e la persistenza.
Learn MoreGli attuali bisogni dei bambini
Gli attuali bisogni dei bambini
Roberto Carlo Russo

Per affrontare il tema dei bisogni dell’infanzia è necessaria una analisi della situazione infantile attuale. Il notevole apporto di nuovi stimoli e della loro frequente variabilità (cartoni animati con tecnologie avveniristiche, giochi con funzioni complesse, precoci proposte di libri per apprendere, stimoli precoci alla rappresentazione grafica e pittorica, stimoli pubblicitari, eccesso e spesso indiscriminato uso televisivo, cellulari, video giochi e computer) ha determinato una più rapida evoluzione delle competenze intellettive e di interessi sempre più proiettati verso età future, creando difficoltà di confronto con i modelli familiari e sociali di stimolo evolutivo ed educativo non adeguati alle nuove repentine modifiche. L’interesse e l’alta motivazione per la pluralità dei nuovi e incalzanti stimoli, trova un terreno favorevole nella disponibilità organizzativa e funzionale del sistema nervoso del bambino che possiede grande desiderio di novità, rapida evoluzione degli interessi, notevole sviluppo delle competenze. I genitori, per i loro acquisiti modelli di comportamento, si trovano in difficoltà di adattamento alle nuove richieste, spesso non riescono a impostare una scelta adeguata, a volte subiscono, a volte rispondono in modo repressivo.
Possono essere riconosciuti fattori sociali e fattori familiari che hanno effetti di scompenso evolutivo con potenziali effetti psicopatologici.
Fattori sociali di scompenso evolutivo
Presenza di etnie diverse
- tipi di usanze e costumi
- tipi di culture
- tipi di fedi religiose
Comunicazioni
- pluralità di lingue
- linguaggi dei messaggi tramite cellulari
- linguaggi internet
- linguaggi particolari di specifici gruppi
- linguaggio pubblicitario
- carente capacità comunicativa tra generazioni
Rapide modifiche tecnologiche
- in tutti i campi
Pluralità di modelli sociali
- nei cicli scolastici
- nei ceti sociali
- in ambiti lavorativi
- in ambiti religiosi
- in ambiti gruppali o associativi vari
- in gruppi spontanei
Condizioni economiche
- floride con alto potere d’acquisto
Attività ludiche
- giochi con alta tecnologia
- video giochi
- game boy
- play station
- computer
- perdita dei vecchi giochi (nascondino, mosca cieca, bandiera, guardia e ladri, soldatini, gioco del mondo, lippa, biglie, ecc…
Fattori familiari di scompenso evolutivo
Impegno lavorativo dei genitori
(attualmente predominante)
- minore presenza dei modelli più significativi
- atteggiamenti reattivi e oppositivi del bambino
- atteggiamenti di continue richieste o di ritiro affettivo
- stanchezza dei genitori con facile intolleranze
Compensi alle carenze
- frequenza eccessiva di regali
- eccesso di accondiscendenza alle richieste
- carenza di regole
- scarso stimolo all’autonomia
- favorito l’uso della TV, dei video giochi, del computer
Carenza di tempo per il gioco libero con gli amici
- scuola a tempo pieno
- predominio delle organizzazioni sportive e religiose
- marcata carenza dei vecchi cortili
- giornate completamente organizzate con cadenze definite
Presenza di modelli sostitutivi
- confronto con modelli diversi e loro uso utilitaristico
- potenziali conflitti diretti o indiretti tra i diversi modelli
- difficoltà d’identificazione del modello a cui riferirsi
Prevalenza dell’importanza delle competenze cognitive
- eccesso di valorizzazioni cognitive rispetto all’affettività
- carenza educativa in rapporto al variare delle situazioni
Prevalenza del virtuale rispetto alla sperimentazione concreta
- facile fuga nel fantastico
- permanenza e potenziamento dell’onnipotenza
- carente capacità d’adattamento nei rapporti sociali
Tali fattori portano frequentemente nei primi anni a indurre comportamenti emotivo-affettivi infantili rispetto all’età, sostenuti spesso da una base insicura per un attaccamento disturbato (Bolwby, 1969-1973-1980-1988) che può manifestarsi con atteggiamenti evitanti, ambivalenti, disorganizzati nella Infant Strange Situation (Ainsworth, 1978) e relativi riflessi nell’adulto con stati della mente di tipo distanziante, preoccupato, disorganizzato (Hess, 1996-1999). Tante ricerche hanno confermato l’importanza nei primi anni di vita dell’effetto disturbante lo sviluppo dovuto a fattori sociali e di riflesso familiari, possiamo nominare Cramer, Fonzi, Fraiberg, Greespan, Kalmanson, Palacio Espasa, Stern, Trevarthen e tanti altri ancora.
Il rapido sviluppo intellettivo e il relativo potenziamento degli adulti, si deve rapportare con una carenza di confronto-scontro pratico con i coetanei e successiva ricerca di compromesso socializzante che viene reso più difficile da iperprotezionismi, carenza di regole, scarsi stimoli all’autonomia, assenza di partecipazione a mansioni familiari. Nel confronto con i modelli sociali il bambino incontra e si confronta con una pluralità di modelli, con compagni di diverse culture, usi, costumi e religioni. Tali situazioni se da una parte arricchiscono di nuove esperienze, dall’altra inducono insicurezze e disorientamenti che aumentano il divario tra il Sé e le precedenti generazioni, intese come modelli familiari e sociali che a loro volta possono essere tra loro in contradizione sia per gli stimoli evolutivi che per il comportamento.
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